|  Le caratteristiche cliniche del disturbo da Alimentazione Incontrollata sono molto simili a quelle della bulimia: non è presente la dieta ferrea, ma sono presenti le 
                         abbuffate, anche se risulta difficile individuare la conclusione perché non c'è un comportamento, 
                         come il vomito autoindotto, che ponga termine all'episodio bulimico.Le persone affette sono molto 
                         preoccupate per il loro comportamento, se ne vergognano e lo giudicano un grave problema, sia 
                         per la sensazione di perdita di controllo, sia per le conseguenze che le abbuffate hanno sul peso 
                         corporeo e sulla salute.
 L’altra fetta della popolazione degli obesi, soffre di problematiche organiche di tipo metabolico o 
                         endocrinologico. Altri ancora, mangiano per gola, abitudine, senza sentirsi in colpa (disturbo 
                         alimentare non altrimenti specificato).
 Per comprendere perché tali patologie colpiscano, oggi, i giovanissimi occorre prendere in 
                         considerazione il ruolo importantissimo giocato da mamme, papà, nonne nell’educazione 
                         alimentare del bambino, sin dai suoi primissimi mesi di vita. Non si comprende il valore 
                         patognomico di un sovrappeso, rispetto agli standard, anche in tenerissima età, ossia entro il 
                         primo anno di vita. Anzi, un bimbo grassottello viene visto come un bimbo sano e bello, avente un 
                         valore aggiunto rispetto ai coetanei normopeso.
 Da un lato, le mamme sono influenzate, chi più chi meno dalla pressione verso la magrezza, 
                         dall’altro si rilassano e, talvolta, in modo ossessivo, cercano di rimpinzare il proprio piccolo per 
                         farlo crescere.
 Inoltre, non bisogna trascurare l’importante condizionamento inevitabile che ha luogo, sin dalla 
                         nascita, tra il momento del nutrimento e quello affettivo delle coccole e del senso di protezione, 
                         nutrimento anch’esso del sé.
 Man mano, poi, che il bimbo cresce diminuiscono le manifestazioni affettive, o comunque si 
                         trasformano, coinvolgendo meno le sensazioni propriocettive, venendo a mancare la 
                         comunicazione affettiva, vissuta a livello corporeo, (oppure la corretta soddisfazione di bisogni di 
                         protezione, stabilità, affetto, attenzione, calore, compagnia ascolto, comprensione, intimità, cura e 
                         accettazione) per cui diviene possibile, specie in talune situazioni ad alto rischio, il compenso 
                         attraverso il cibo, anche in termini di rivalsa.
 Alcuni fattori socioculturali sono responsabili dell'insorgenza e del mantenimento dei DCA in soggetti vulnerabili e predisposti: tra questi vanno considerati la cultura consumistica e la sovrastimolazione 
                         massmediatica rivolta a tutte le età e a tutte le ore del giorno (cosa che comporta una progressiva 
                         alterazione dei segnali di fame e sazietà); la cultura della magrezza, che, allorquando i modelli 
                         perfetti e patinati proposti dai media divengono irraggiungibili, rischia di trasformarsi in una                     "cultura della non magrezza"; la sedentarietà, per cui non si fa più movimento come prima: più i 
                         bambini e i ragazzi fanno parte di un ceto medio-alto, più sono sottoposti alla sovrastimolazione 
                         mediatica e all’effetto consumistico di questa, per cui scelgono giochi e passatempi che riducono
 notevolmente l’attività fisica.
 Il livello d’istruzione dei genitori influisce sul fenomeno obesità e su quello dei disturbi 
                         dell’alimentazione poiché si correla all’assenza di una "cultura dell’alimentazione", per cui si 
                         finisce con l’insegnare ai propri figli a mangiare male, sia in termini di qualità, che di quantità, che 
                         di orari, e di una "cultura del benessere", in senso lato, includendo in essa la frustrazione del 
                         bisogno di movimento.
 Difatti, la diffusione della pratica della attività fisica è oggi un problema di cultura. Diversi studi 
                         dimostrano come la pratica dello sport diminuisca tra i 16 e i 20 anni, sia per le ragazze sia per i 
                         ragazzi. Le ragioni di ciò si riscontrano in molteplici fattori sociali: la generalizzazione dell’utilizzo 
                         dei veicoli a motore da parte dei giovani a partire dai 14 o 16 anni, l’attrazione per altre attività di 
                         svago, etc.
 Secondo i dati raccolti dall’ISTAT, nell'età adolescenziale il fenomeno dell’obesità è presente con 
                         una percentuale maggiore nei maschi: a mio avviso, la problematica alimentare coinvolge, oggi, in 
                         modo indifferenziato tutti gli adolescenti, a prescindere dal sesso: il dato riportato deve essere 
                         spiegato tenendo conto del fatto che le ragazze adolescenti sono più esposte al rischio di altre 
                         patologie del comportamento alimentare, quali l’anoressia e la bulimia, essendo maggiormente 
                         influenzate dalla cultura competitiva della magrezza.
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